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FRED BUSCAGLIONE - BIOGRAFIA
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:: FRED BUSCAGLIONE
FRED BUSCAGLIONE - BIOGRAFIA
Fred Buscaglione, nome d'arte di Ferdinando Buscaglione (Torino, 23 novembre 1921 – Roma, 3 febbraio 1960), è stato un cantautore e attore italiano.
L'infanzia
A undici anni fu ammesso al Conservatorio Giuseppe Verdi di Torino che però abbandonò dopo tre anni di frequentazione un po' per la scarsa simpatia rispetto alla musica classica e un po' perché le non floride condizioni economiche della sua famiglia (il padre era pittore edile, la madre portinaia e occasionalmente insegnante di pianoforte) lo costrinsero a cercare lavoro prima in piccoli impieghi da fattorino e poi da apprendista odontotecnico.
Era ancora adolescente, quando iniziò ad esibirsi nei locali notturni della città come cantante jazz: come polistrumentista era in grado anche di suonare diversi strumenti, dal contrabbasso, al violino, al pianoforte, alla tromba. Un giorno, durante una sua esibizione al Gran Caffè Ligure, viene notato da uno studente di giurisprudenza appassionato lettore di libri gialli di nome Leo Chiosso. Nasce così un sodalizio artistico che durerà fino alla prematura scomparsa di Fred.
Durante la seconda guerra mondiale viene richiamato sotto le armi e distaccato in Sardegna, dove si mette in luce organizzando spettacoli per le truppe. Viene fatto prigioniero dagli Americani, ma qualche militare statunitense nota il suo talento musicale e lo fa entrare nell'orchestra della radio alleata di Cagliari. Questo gli permise di continuare a fare musica e di sperimentare le nuove sonorità e i nuovi ritmi che venivano dagli Stati Uniti.
« Sono un vero sognatore
musicista un po' pittore
strimpellando sopra i tasti
molto spesso salto i pasti »
(Leo Chiosso - Fantastica)
A Torino dal 1946 Fred aveva ricominciato a frequentare assiduamente l'amico Leo Chiosso, con il quale inizia a comporre canzoni. Il rapporto tra i due è praticamente simbiotico, al punto che si trasferiscono nello stesso palazzo, in due appartamenti dirimpetto l'uno all'altro. Trascorrono giorni e notti intere insieme a chiacchierare a scambiarsi idee, battute e frasi musicali che Leo annota e Fred accenna sulla tastiera del pianoforte.
Molto spesso sono canzoni un po' strampalate, che parlano con ironia di "bulli e pupe", di New York e di Chicago, di duri spietati con i nemici, ma sempre in balia delle donne e dell'alcool.
Nascono così le canzoni che lo faranno conoscere in tutta Italia, molte delle quali eseguite dal vivo in concerto e registrate su disco, alcune in coppia con la moglie Fatima: Che bambola, Teresa non sparare, Eri piccola così, Love in Portofino, Porfirio Villarosa (ispirata alla figura del celebre playboy Porfirio Rubirosa), Whisky facile.
Fred si calò nel personaggio, facendosi crescere un paio di baffetti e presentandosi in scena in doppiopetto gessato e cappello a larghe falde, ispirandosi a Clark Gable e ai gangster americani come apparivano nei racconti "hard-boiled" di scrittori come Damon Runyon, uno degli autori preferiti da Chiosso.
La sua discografia, nonostante la brevità della sua carriera è numerosa.
Nel 1956 incise numerosissime canzoni e in quello stesso anno escono i suoi primi 33 giri. Eppure non fu facile per lui trovare una casa discografica che accettasse di incidere quelle canzoni così trasgressive e inconsuete per l'epoca. Le sue prime incisioni risalgono al 1952, alcuni pezzi standard del repertorio jazz per l'etichetta "La Voce del Padrone" (oggi pressoché introvabili), ma nessuno si sentiva di dargli l'opportunità di incidere le "sue" canzoni.
Un aiuto decisivo arrivò dall'amico Gino Latilla, che aveva ottenuto un discreto successo con la canzone Tchumbala-bey scritta dal duo Chiosso-Buscaglione.
Egli insistette tanto con il direttore della sua casa discografica, la Cetra, affinché lui gli lasciasse incidere le sue canzoni, al punto da anticipare di tasca sua le spese, e così nel 1955 vide la luce il primo singolo: un 78 giri che contiene due canzoni: Che bambola/Giacomino.
L'idea piacque al pubblico e il singolo vendette circa 980.000 copie in assenza di qualsiasi battage pubblicitario, e così Buscaglione incoraggiato da questo inaspettato successo decise di incidere tante altre canzoni, e sempre grazie all'appoggio di Latilla partecipò ad alcune trasmissioni radiofoniche, che contribuirono notevolmente alla sua nascente popolarità.
Il matrimonio
Il loro rapporto sarà tenero ma a volte burrascoso, costellato di liti e riappacificazioni puntualmente scandite sulle pagine dei rotocalchi. Quasi sempre è la gelosia di Fatima a far scoccare la scintilla dell'ennesimo litigio. La coppia si separerà definitivamente nell'ottobre del 1959.
Ma nel gennaio del 1960 i due si rivedono a Firenze, a causa di impegni artistici concomitanti (lui al "River Club", lei allo "Chez Moi"), e Buscaglione si trattiene in città anche dopo la fine delle sue serate fiorentine. Girano voci di una riconciliazione tra i coniugi, alimentata dal fatto che Buscaglione promette di tornare nel capoluogo toscano per nuove esibizioni a febbraio, ma il destino non gliene darà il tempo.
Il successo
La sua attività si fa sempre più frenetica: gira due o tre film contemporaneamente il mattino, registra spettacoli televisivi nel pomeriggio, incide dischi la sera e canta nei night la notte, spostandosi a bordo di una vistosa auto americana, una Ford Thunderbird che lui chiama "Criminalmente bella", come una delle sue canzoni. Ma il successo ha per lui anche conseguenze sgradevoli, dal momento che la moglie Fatima, forse gelosa del suo successo e dei pettegolezzi apparsi sui rotocalchi che lo dipingono come un conquistatore di belle donne, e che gli attribuiscono flirt con le attrici con cui recita (soprattutto Scilla Gabel e Anita Ekberg), finisce col separarsi da lui, che si trasferisce all'Hotel Rivoli di Roma.
Forse stanco del suo personaggio di "duro", sul finire degli anni cinquanta Fred inizia a incidere canzoni melodiche talvolta scritte anche da altri autori come: Guarda che luna, Love in Portofino, Non partir (di Giovanni D'Anzi e Alfredo Bracchi) e Al chiar di luna porto fortuna (scritta da Carlo Alberto Rossi).
Tre settimane prima della morte, in un'intervista al quotidiano Stampa Sera esprime l'intenzione di ritirarsi nel giro di due anni, affermando: "Prima che la gente mi volti le spalle, Fred il duro sparirà, ed io tornerò ad essere solo Ferdinando Buscaglione".
La tragica morte
La sua Ford Thunderbird color lilla, giunta all’incrocio fra via Paisiello e viale Rossini nel quartiere romano dei Parioli, si scontrò con un camion Lancia Esatau carico di porfido guidato dal ventiquattrenne Bruno Ferretti, che tentò di soccorrerlo insieme a un metronotte e a un passante. Fermarono un autobus dove caricarono il cantante, che giunse però troppo tardi all'ospedale.
Ai suoi funerali, svoltisi a Torino il successivo 5 febbraio, parteciparono decine di migliaia di persone, tra cui molte celebrità della musica e dello spettacolo ma anche tantissimi suoi ammiratori che vollero rendergli l'estremo saluto.
Il mito postumo
Le sue canzoni continuano ad essere ascoltate alla radio e nei juke-box che vanno diffondendosi per la penisola, e la folla cosmopolita che invade Roma durante le Olimpiadi porterà a casa tra i souvenir anche i dischi di questo bravo e sfortunato artista, accrescendone la conoscenza anche all'estero.
La RAI periodicamente trasmette programmi rievocativi della sua figura usando materiali di archivio ed interviste ad amici e collaboratori. Nel 1980, per il ventesimo anniversario della sua scomparsa, viene trasmesso il programma In memoria di Fred Buscaglione, in cui diversi artisti ripropongono i suoi successi accompagnati dall'orchestra diretta da Gorni Kramer. Nel corso del programma Rino Gaetano si esibisce in una molto personale e appassionata rivisitazione de "Il dritto di Chicago". Sarà una delle sue ultime apparizioni televisive, poiché l'anno seguente anche l'artista crotonese perderà la vita in circostanze simili a quelle in cui perì Buscaglione: in un incidente stradale contro un camion all'alba di un giorno festivo.
Nella stagione 1991-1992 va in scena il musical Fred, ispirato alla vita di Buscaglione, con la regia di Gino Landi su testi di Umberto Simonetta e Italo Terzoli, dove Umberto Smaila interpreta il ruolo del cantante ed attore torinese.
Nel 1995 nasce a Roma per iniziativa dell'attore e cantante Federico Scribani la "Fred Forever Jumpin' Orchestra", una "cover band" che ripropone i successi dell'ormai mitico cantante torinese. Il gruppo cambierà in seguito il suo nome in "Buscaja", e ancora oggi porta nei suoi concerti la testimonianza dell'arte e dello spirito guascone di Fred Buscaglione, contribuendo a perpetuare il mito di un artista che ci ha lasciato quando aveva ancora molto da darci.
Fonte: QUI
La Stampa di domenica 7 febbraio 1960:
Il celebre cantante era morto in un incidente stradale qualche giorno prima all’alba nel centro di Roma «Ventimila persone hanno seguito i funerali di Fred Buscaglione Una parte della folla, pervasa da un’assurda morbosità, ha travolto i cordoni della polizia, per vedere i divi della canzone e strappare autografi».
Tre giorni prima, all’alba, si era spezzato il sogno del famoso cantante torinese. Erano le 6 e venti di un mercoledì qualsiasi a Roma, quando la Ford Thunderbird rosa-shocking dell’artista (da lì a poco avrebbe compiuto 39 anni) che stava finalmente per andare a dormire dopo una delle tanti notti che non avevano mai fine, si era schiantata contro un furgone carico di blocchi di tufo all’incrocio tra le via Paisiello e Rossini, nel quartiere Parioli. La sua auto viaggiava ai 100 all’ora, anche se non era inseguito da un manipolo di quei gangster protagonisti di alcune delle sue canzoni di maggior successo. L’urto è devastante, inutile il trasporto in ospedale su un pullman della linea 90 deviato per portare quel povero corpo ormai inerme al Policlinico, preceduto da una jeep dei carabinieri.
«Che notte, che notte quella notte/ Se ci penso mi sento le ossa rotte» si potrebbe dire, parafrasando una delle sue più celebri canzoni. Il grande Fred era uscito di scena per sempre, senza l’accompagnamento dell’orchestra e i soliti applausi. A Torino, nella sua Torino, avrebbe dato l’addio al suo pubblico.
Sempre La Stampa: «Le esequie erano fissate per le 10,30. Due o tre ore prima, in via Bava, sotto la sua abitazione, cominciavano già a formarsi capannelli. I tram riversavano altra gente, le strade a poco a poco si popolavano di folla. Auto e moto procedevano in un unico senso e ben presto il traffico restava bloccato in tutto il quartiere. La calca intanto aveva assunto aspetti paurosi. Una cinquantina tra vigili urbani, agenti e carabinieri si sforzavano di fronteggiare la situazione. Nella sola via Bava, asserragliate in un tratto di cento metri, almeno 6-7 mila persone lottavano per mantenere le posizioni o guadagnarne altre migliori. Ogni finestra, ogni balcone erano stipati fino all’inverosimile. Qualcuno si era arrampicato sui tetti, sui cornicioni, sulle cancellate. Quando all’angolo sbucò il furgone che trasportava la salma, il debole diaframma della polizia si infranse. Uomini, donne, ragazzi si lanciarono verso i cancelli di via Bava. Più che ad un funerale, sembrava di assistere ad una sommossa».
Già un paio d’ora prima dell’arrivo del corteo funebre l’ampio piazzale di fronte alla chiesa di Santa Giulia era ricolmo all’inverosimile. Tanto che per poter estrarre il feretro dal carro per condurlo nel tempio le forze dell’ordine furono costrette ad aprire con estrema fatica una breccia a favore dei familiari e degli amici più cari. «Alla spicciolata erano giunti parecchi nomi noti nel mondo della canzone: Johnny Dorelli, Bruno Pallesi, Emilio Pericoli, il duo Fasano, Renato Carosone, Arturo Testa, Gino Latilla, altri che nella ressa non era possibile individuare. Poi arrivò Wanda Osiris. Da quel momento, la folla — non tutta, ma gran parte — |dimenticò la mesta cerimonia. L’estremo omaggio allo chansonnier caro al pubblico si trasformò in qualcosa di meno nobile, ci si perdoni il termine. Il cattivo esempio — lo riferiamo per scrupolo di cronisti — era dato dalle donne. Si additavano ad alta voce questo o quel divo, gli sorridevano, cercavano di richiamarne l’attenzione con cenni o gridolini».
La stessa scena si ripeté verso mezzogiorno dinnanzi all’ingresso del cimitero generale. Una volta giunta al camposanto la bara, non avendo le caratteristiche prescritte per la tumulazione nella fossa quindicinale, fu collocata in una misera stanzetta dell’obitorio, e soltanto qualche giorno più tardi trovò degna sepoltura. «Quello è stato l’unico momento in cui il sacro mistero della morte ha potuto riaffermare i propri diritti», scriveva il cronista sul quotidiano torinese.
All’uscita dal cimitero cantanti e attori si trovarono nuovamente attorniati da fanatici di tutte le età che sventolavano foglietti e quaderni per un autografo, mentre Dorelli, Latilla e altri divi «tirarono via» dando una lezione di decoro ai loro ammiratori. Gente, secondo le cronache di allora, «di poco cuore e scarso cervello».
Fonte: QUI
Ultima modifica di admin_italiacanora il Mer Ago 24, 2011 5:12 pm - modificato 1 volta.
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