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CANZONI DEL FASCISMO E DELL'IMPERO (1935-1936)

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Messaggio  admin_italiacanora Mar Nov 01, 2011 11:51 am

CANZONI DEL FASCISMO E DELL'IMPERO (1935-1936) Etiopia6_fondo-mafazine-312x450

LA CONQUISTA DELL'ETIOPIA E LA NASCITA DELL'IMPERO

L'impero coloniale italiano dal 1936 al 1941
Il fascismo cercò inizialmente di presentarsi in maniera propositiva nei confronti dell'Etiopia cercando di attuare un trattato di amicizia con l'amministrazione del reggente Haile Selassie. Tale accordo si concretizzò nel 1928.

A seguito della completa conquista della Libia, avvenuta alla fine degli anni venti, Mussolini manifestò l'intenzione di dare un Impero all'Italia e l'unico territorio rimasto libero da ingerenze straniere era l'Abissinia, nonostante fosse membro della Società delle Nazioni. Il progetto d'invasione iniziò all'indomani della conclusione degli accordi sul trattato di amicizia e si concluse con l'ingresso dell'esercito italiano ad Addis Abeba il 5 maggio 1936. Quattro giorni dopo venne proclamata la nascita dell'Impero italiano e l'incoronazione di Vittorio Emanuele III come Imperatore d'Etiopia (con il titolo di Qesar, anziché quello di "Negus Neghesti").

A seguito dell'uccisione di civili e militari italiani in Libia ed Etiopia negli anni venti e trenta[16], durante il dominio coloniale italiano in Africa furono usate armi vietate, quali gas asfissianti e iprite.
La successiva pacificazione attuata dal Fascismo nelle colonie africane, talora brutale, fu totale in Libia, Eritrea e Somalia (mentre in Abissinia, dopo meno di cinque anni, nel 1940 oltre il 75% del territorio era completamente controllato dagli Italiani) e risultò in un notevole sviluppo economico dell'area, accompagnato da una consistente emigrazione di coloni italiani.

Con la conquista di gran parte dell'Etiopia si procedette ad una ristrutturazione delle colonie del Corno d'Africa. Somalia, Eritrea ed Abissinia vennero riunite nel vicereame dell'Africa Orientale Italiana (AOI). Il progetto coloniale terminò con l'occupazione britannica dei territori soggetti al dominio italiano nel 1941.

Ambizioni del regime fascista
Nel settembre 1923 il neo-primo ministro Mussolini fece occupare per circa un mese l'isola di Corfù, con mire annessionistiche (Crisi di Corfù). Nel corso della Seconda guerra mondiale, Corfù fu rioccupata dall'Esercito Italiano nell'aprile 1941. Tale occupazione durò fino al settembre 1943: durante questo periodo, sempre insieme alle Isole Ionie, venne amministrata come entità separata rispetto alla Grecia con l'intento di prepararne l'annessione al Regno d'Italia.

Mussolini richiese anche, come risarcimento del suo intervento nella guerra civile spagnola, l'isola di Minorca nelle Baleari allo scopo di farvi una base aeronavale italiana, ma la ferrea opposizione di Francisco Franco annullò ogni pretesa italiana. Secondo storici come Camillo Berneri, Mussolini ambiva non solo le Baleari, ma anche il Marocco Spagnolo (specialmente l'area di Ceuta, che confinava con il Territorio Internazionale di Tangeri nel quale l'Italia era co-garante dal 1928).

Dopo l'occupazione, tra il 1940 e il 1941, di alcune zone della Dalmazia, del Montenegro, dell'Albania, del Kosovo e della Somaliland inglese, da parte delle truppe italiane, l'obiettivo di Mussolini fu quello di estendere la presenza italiana anche a Malta, Tunisia, Somalia francese e Corsica.
Dopo la caduta della Francia, l'illusione di una vittoria sulla Gran Bretagna spinse Mussolini e il Ministro degli Esteri Ciano ad iniziare una serie di colloqui con gli ambiti civili di Algeria, Egitto e Sudan. I colloqui vennero ben presto ostacolati dall'alleato tedesco e terminarono con la controffensiva britannica in Cirenaica.

Sul finire del 1941 Italia e Germania intavolarono una trattativa per occupare militarmente e politicamente la Svizzera, progetto poi mai andato in opera.
Ai primi di novembre 1942, l'Italia raggiunse il suo massimo dominio nel Mediterraneo, quando truppe italiane occuparono la Corsica, il Nizzardo e la Savoia mentre si svolgeva la Seconda battaglia di El Alamein.
Prevedeva la spartizione in 2 parti: alla Germania la parte settentrionale di lingua tedesca e francese, all'Italia il Canton Ticino, il Vallese e i Grigioni oltre a Ginevra aggregata alla Savoia italiana.

Fine dell'Impero
L'Impero italiano tramontò definitivamente nel corso del 1943, dopo l'espulsione del regio esercito ad opera delle forze britanniche e del Commonwealth, prima dall'Africa orientale (Campagna Alleata in Africa Orientale), nel novembre del 1941, e successivamente dal Nord Africa (Campagna del Nord Africa), nella primavera del 1943.

Le truppe italiane in Albania, nel Dodecaneso e nelle altre isole greche, non senza episodi cruenti come la Strage di Cefalonia, vennero ritirate a partire dal settembre 1943 dopo la caduta di Mussolini e la successiva resa dell'Italia.
Formalmente l'Italia venne privata di tutti i propri possedimenti coloniali con il trattato di Parigi del 1947.
Nel 1950 le Nazioni Unite riconobbero all'Italia l'amministrazione fiduciaria della Somalia Italiana fino al 1960.
Fonti: QUI e Fonti: QUI


Ultima modifica di admin_italiacanora il Mer Gen 16, 2013 6:30 pm - modificato 4 volte.
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CANZONI DEL FASCISMO E DELL'IMPERO (1935-1936) Empty 1935 - FACCETTA NERA (origini e storia)

Messaggio  admin_italiacanora Mar Nov 01, 2011 2:57 pm

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LE CANZONI DEL FASCISMO e DELL'IMPERO

La guerra coloniale 1935-36 fece larghissimo uso delle canzoni composte appositamente. Canzone italiane e perfino napoletane, come quelle di Libero Bovio e di A. E. Mario e di tanti altri. Del primo ricordiamo "All'erta, Italia" ("All'erta, all'erta, Italia - o' Duce accus' vo' - e tutta quanta Italia - risponne: all'erta sto!"); il secondo a Napoli Piedigrotta, nel 1935, presentò "Serenata a Sellassiè" ("Tu ch'hè ditto, Sellassiè? - Ca pe' fforza vuò fa' 'o Rre? - Ma ch'hè 'a fa' ! - Passa llà ! - Lloco non può sta'"), oltre che autore di "Inno d'Africa" ("Non vana conquista - di terre e di genti - per dare un Impero ai gaudenti: - l'Italia brama infranger le catene, - non brama scudisciar le adunche menti"); ricordiamo che A.E. Mario era già l'autore della canzone patriottica "La Leggenda del Piave".

IL PERIODO
Falliti tutti i tentativi per un accomodamento pacifico della vertenza italo-etiopica, Mussolini nel '35, passa all'azione, radunando il 2 ottobre 1935 a squilli di tromba gli italiani nelle piazze di tutta Italia per ascoltare alla radio il suo discorso che annuncia l'inizio delle ostilità in Etiopia.
"Venti milioni di italiani sono in questo momento raccolti nelle piazze di tutta Italia. E' la più gigantesca dimostrazione che la storia del genere umano ricordi".
Il giorno 3 le truppe italiane in Eritrea iniziavano l'invasione dell'Etiopia.

Con tempestività il maestro Ruccione si fa interprete dell'euforico clima, lo travasa nelle strofe di una canzonetta, e così la grande avventura africana ha un inizio pure corale con "Faccetta Nera", che conobbe subito una vastissima popolarità.
 
 
FACCETTA NERA - ORIGINI E STORIA
Faccetta nera è una canzone scritta da Giuseppe Micheli e musicata da Mario Ruccione nel 1935.

Essa è stata composta in occasione della grande diffusione di notizie da parte della propaganda fascista relative all'Etiopia, e in particolare della schiavitù là ancora vigente, su parte della popolazione abissina. Tali notizie servirono in parte a giustificare l'intervento militare che oltre a procurare all'Italia un "posto al sole", doveva secondo la propaganda porre fine alla condizione così degradata della popolazione.

Faccetta nera è una canzone che, a differenza di quanto si crede, non celebra il fascismo, anzi ricorda quella simpatia verso la popolazione africana che proprio al fascismo non piacque affatto. Molti però oggi sostengono che Faccetta nera sia una vera esaltazione della supposta capacità italiana, molto enfatizzata durante il ventennio fascista, di trasferire progresso, sottoforma di lavoro ed istruzione, nelle regioni colonizzate. Nel 1935, mentre Benito Mussolini prepara le operazioni militari in Abissinia, vengono pubblicate - anche a scopo propagandistico - notizie relative allo sfruttamento della schiavitù a cui era sottoposta parte della popolazione abissina. È questo il tema della propaganda fascista che vuole attribuire all’occupazione dell'Etiopia anche una motivazione civilizzatrice. Il poeta romano Giuseppe Micheli, in seguito alla lettura di tali notizie, scrive una composizione in romanesco con l’intenzione di presentarla al Festival della canzone romana del 1935. Il Festival aveva una gloriosa tradizione, essendo stato ideato nel lontano 1891 all'interno del locale Facciafresca a San Giovanni; la canzone vincente della prima audizione fu Le streghe interpretata dalla voce potente e quasi baritonale di Leopoldo Fregoli. Si può affermare, quindi, che il brano fosse una canzone scritta in romanesco frutto di ingenui e scherzosi intenti di decantare il colonialismo italiano fascista nell'Africa orientale, esaltando la missione civilizzatrice di Roma con toni anche un po' spiritosi. Al Festival non se ne fa nulla, ma poco tempo dopo la canzone viene musicata dal maestro Mario Ruccione e conosce l’onore della ribalta al teatro Capranica, grazie all’interpretazione di Carlo Buti.

Al cinema-teatro Quattro Fontane di Roma, Faccetta nera viene cantata dalla compagnia della Fougez. In scena compare in catene una giovane di colore, poi arriva la Fougez nelle vesti dell’Italia che la libera e le fa indossare una camicia nera. La canzone viene inserita in molte riviste dell’epoca diventando popolarissima, specie sulla bocca delle truppe in partenza per l’invasione dell’Abissinia. In ogni caso, questa versione avrebbe già subito dei ritocchi rispetto a quella originale, che conteneva il verso «vendicheremo noi sullo straniero/ i morti d’Adua e liberamo a te», non gradito al regime fascista in quanto riportava all’attenzione la disfatta italiana di Adua (nel 1896). I versi vennero cambiati col più generico «vendicheremo noi camicie nere/ l’eroi caduti e libberamo a te». Si dice che il Ministero della cultura popolare non gradisca la canzone in quanto fraternizzante con gli abissini, considerati razza inferiore, che vengono posti sullo stesso grado gerarchico degl’italiani. Benché le leggi razziali non siano ancora imposte, i gerarchi fascisti diffidano di quei versi.

Il Ministero della Cultura Popolare, insoddisfatto e fremente per la stesura del testo, a causa dell'ammiccamento a rapporti interrazziali visto che definiva "romana" una ragazza etiope e per il senso troppo spiritoso di alcune parole, la censurò (sebbene le leggi razziali non fossero in vigore), perché in evidente contrasto con i pregiudizi razziali che, ancora negli anni '30 e fino agli anni '60, erano presenti nelle opinioni comuni di uomini e governi. In relazione anche al momento storico, delicato e drammatico, il Ministero pretese, tempestivamente, di modificare il testo per ben altre due volte, alterando notevolmente il senso e il significato della canzone, che venne così trasformata in un più rassicurante, per il regime, inno di conquista e di sottomissione degli abissini, notevolmente meno tollerante e scherzoso dell'originale. Infine, vennero eliminate pure tutte le parole e le inflessioni dialettali.

Ecco, di seguito, le due versioni del celebre ritornello:

Originale
Quanno saremo
insieme a te
noi te daremo
'n'antra legge
e 'n'altro re


Fascista
Quando saremo
vicino a te
noi ti daremo
un'altra legge
e un altro re

Molti storici, tra i quali, Angelo Carocci nella Storia del fascismo affermano che Mussolini in persona avesse proposto di metterla al bando a tempo indeterminato, poiché disapprovava i contenuti, seppur già modificati. Successivamente il comico, attore romano Gustavo Cacini vinse una causa per plagio musicale nei confronti di Mario Ruccione, poiché il ritornello “Faccetta nera, bell’abissina…” era persin troppo ispirato dalla sua “La vita è comica presa sul serio, perciò prendiamola come la va…”. Avrà anche moltissime altre edizioni stampate e parecchi saranno gli editori e i compositori che se ne attribuiranno la paternità, tra i tanti, uno è Gustavo Cacini, ai quali la SIAE riconosce una percentuale sui diritti d’autore). Altri autori scriveranno canzoni dal titolo di Faccetta bianca, per bilanciare il successo di Faccetta nera, ma senza riuscirvi.
Una bambina vestita con un abitino che spicca sulla pelle scura e lo sguardo divertito, attorniata da soldati italiani; sarebbe questa la foto della piccola che ispiro' durante il fascismo la canzone ''Faccetta nera''.
La foto, pubblicata dalla cronaca di Massa del quotidiano La Nazione, e' in realta' una cartolina che il console Andrea Michele Galeotti invio' ai parenti nel 1936.
A trovarla e' stato il figlio del console, Giuseppe Galeotti: a quel tempo il padre era aiutante maggiore della 135/a legione ''Indomita'' della milizia fascista che partecipo' alla battaglia dell' Amba Aradam; e proprio Maria Vittoria Aradam fu il nome dato alla bimba che, ritratta con l' ufficiale nella foto, venne ''trovata dai militi della 135/a legione'', dice la didascalia della cartolina, durante la battaglia del 15 febbraio 1936.
Quella foto sarebbe una conferma della testimonianza di Joannes Brahane che nel 1995, allora studente universitario a Udine, disse di essere il figlio di ''Faccetta nera'', cioe' della donna che, da bambina, venne trovata dai soldati italiani dopo la battaglia nella quale era stata uccisa la madre, cioe' la nonna dello studente, che la aveva avuta proprio con un soldato italiano. ''Faccetta nera'' sarebbe stata poi affidata alle suore di Sant' Anna all' Asmara. Cinque anni fa Brahane chiese che alla madre fosse riconosciuta la pensione.(ANSA).

Alcuni anni fa' il Giornalista Gaspare Di Sclafani del settimanale "Oggi" pubblicava su quel giornale un servizio nel quale si raccontava la storia di un'orfanella dell'Asmara, la capitale dell'Eritrea, che fu una delle colonie italiane dell'Italia fascista. "Faccetta nera" vive ancora, ha oggi presumibilmente 69 anni (l'età esatta non la conosce neppure lei) si chiama Vittoria Aradam, viveva all'Asmara quando il giornalista l'incontrò, si chiama Vittoria Aradam, e sposata ed e' madre di tre figli. Vittoria era una bimbetta di un paio d'anni, rimasta orfana.
Venne trovata in lacrime e tremante di paura e fu raccolta dalle truppe italiane all'Amba Aradam, durante le prime fasi della campagna d'Etiopia. I legionari italiani l'adottarono e divenne la loro mascotte.
Il nome e cognome che porta glieli diedero proprio i soldati italiani che vollero festeggiare l'esito della battaglia dell'Amba Aradam.

el 1936, un legionario della Campagna d'Africa, Pasqualino Chiti, classe 1910 raccoglie, abbandonata a terra, nel corso di una battaglia a Macallè, località al confine tra Eritrea ed Etiopia, una piccola bambina.

La porta ad Asmara dalle suore di S. Anna, che la battezzano, col nome evocativo di Maria Vittoria Aradam; (ricordiamo per chi non lo sapesse, che la battaglia dell'Amba Aradam fu una delle più impegnative di quella campagna).

Queste notizie, sono raccolte dal giornalista Daniele Carozzi (Il Giornale del 28.7.2003) e poi riprese sul "Reduce d'Africa" di Lino Pellegrini, anche lui giornalista e consigliere nazionale delle ANRRA (Associazione Nazionale Reduci e Rimpatriati d'Africa).

Maria Vittoria Aradam, diventa subito una bella bambina, ed ispira ad Auro D'Alba la popolare canzone "Faccetta Nera".

A distanza di tanti anni, Faccetta nera, è viva parla italiano come noi, ama l'Italia, ha un figlio che vive in Italia; Pasqualino Chiti, il legionario che l'ha trovata, prima di morire a 92 anni, è voluto venire a trovarla ad Asmara, anche lei lo va a trovare a Cecina, in provincia di Livorno, è come se un padre incontrasse la figlia dopo tanti anni, ed è come, o almeno come dovrebbe essere: L'Italia che ritrova un pezzo della propria storia .

*** *** ***

Chiti muore a 92 anni e lascia a Maria Vittoria Aradam, un terreno in eredità. Siamo nel 92. Faccetta nera, vorrebbe diventare finalmente italiana, come promessogli dalla canzone.

Lino Pellegrini, va ad Asmara, parla con lei, che si sente italiana, vorrebbe venire a curare il terreno lasciatogli da colui che l'ha raccolta in terra; ma il permesso dura pochi giorni, nonostante che abbia un figlio che vive in Italia e che lei non ha tanti soldi per viaggiare in continuazione.

Lino Pellegrini, si rivolge all'ora al Presidente Ciampi che è un buon nonno, e forse certe storie, al di la della politica, possono commuoverlo; e poi se è così amato da tutti gli italiani qualche motivo ci sarà pure ...
Ma il buon nonno, o almeno, il suo "Consigliere per gli affari Interni Alberto Ruffo, non si commuove.
Il multiforme ingegno italico, è in questo caso, totalmente ligio alle regole, come al Catasto.
Faccetta Nera, dice il Presidente, attraverso il suo Consigliere, può "di volta in volta, interessare gli organi preposti al rilascio del permesso di soggiorno, in maniera di favorire la concessione con la previsione di durata massima consentita".
Non mancano naturalmente i cordialissimi saluti.
 
Fonte: QUI
 
 
Esemplare originale dello spartito della canzone "Faccetta Nera", scritta nell’aprile del 1935 da Giuseppe Micheli (storico della canzone romana) versi di Renato Micheli - Musica di Mario Ruccione, lanciata da Carlo Buti (seguito da Gabrè e Miscel) la sera del 24 giugno a Roma, al Teatro Capranica:
 
  


   

FACCETTA NERA


 
Testo:


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CANZONI DEL FASCISMO E DELL'IMPERO (1935-1936) Empty CANTO DEI VOLONTARI

Messaggio  admin_italiacanora Lun Mag 20, 2013 9:40 pm



Molte canzoni prendevano l'avvio dai bastimenti in partenza per l'Africa, con i volontari che si contavano a decine di migliaia.

Partivano i mutilati, partivano gli italiani all'estero, partivano i gerarchi, partiva "armato di una sola obbedienza e di una sola volontà" Guglielmo Marconi, e... (scappando di casa) "partivano" anche i ragazzi balilla.
Questi presero festosamente sul serio la guerra d'Etiopia.
Nelle aule delle scuole, ma anche a casa, ognuno ebbe alla parete la sua carta geografica e le bandierine delle truppe che avanzavano verso il "Paese delle banane", cantando rivolti ai soldati "Portateci le banane - mogadisciane".
Scuole e ragazzi (ma anche i "Figli della Lupa") fecero poi accanite gare (durante le sanzioni) per la raccolta del ferro da offrire alla Patria; raccolte del tutto disinteressate, oppure intese a ottenere con un chilo di rottami, il premio che consisteva l'ingresso in un cinema.
 
 
  

  
 
 
CANTO DEI VOLONTARI


 
Testo:


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CANZONI DEL FASCISMO E DELL'IMPERO (1935-1936) Empty COMBATTENTI A NOI/ADUA

Messaggio  admin_italiacanora Gio Gen 11, 2018 5:30 pm

   
 
COMBATTENTI A NOI

  ADUA

   

Fanfara e coro V. Santini
 
Testo:
  
CRIVEL e Coro
 
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CANZONI DEL FASCISMO E DELL'IMPERO (1935-1936) Empty INNO A ROMA/LA MARCIA DELLE LEGIONI

Messaggio  admin_italiacanora Lun Nov 02, 2020 5:08 pm

 
 
Uno dei più importanti strumenti che il fascismo ebbe a disposizione per la sua opera di propaganda (già piuttosto efficace anche in altri modi) fu la radio, con la conseguente possibilità di trasmettere notizie e spettacoli controllati dal regime.
Brevemente ricordiamo che fu l’italiano Guglielmo Marconi (Bologna 1874 – Roma 1937) il pioniere delle trasmissioni radio e che la prima trasmissione è datata al 24 dicembre 1906; la nascita della prima stazione radio con trasmissioni dedicate al "pubblico" è del 1919, mentre è del 2 novembre 1920 la trasmissione in diretta del secondo turno delle elezioni presidenziali statunitensi, la quale, sebbene ascoltata dai fruitori di non più di mille apparecchi radiofonici allora già presenti nelle case americane, ebbe una tale risonanza da far scattare la corsa alla costruzione di nuove stazioni e la progettazione e la vendita di nuovi apparati riceventi.

Nel 1937 si incominciarono a produrre apparecchi di ottima qualità al di sotto delle 1.000 lire e questo comportò un aumento del numero degli utenti radiofonici.
Nel 1939 l 'EIAR decide di organizzare un referendum tra gli abbonati al fine di conoscere più da vicino gusti e preferenze dei radioascoltatori. Tra coloro che risponderanno al questionario, che viene distribuito in novembre e doveva essere restituito compilato entro il 31 gennaio1940, verranno sorteggiati ricchi premi (ben 100.000 lire in Buoni del Tesoro al primo estratto).
Il sorteggio ha luogo a Torino il 10 giugno 1940, lo stesso giorno in cui a Roma, Mussolini annuncia l'entrata in guerra dell'Italia.
Il referendum ha avuto un imprevisto successo, ha risposto il 75% degli abbonati.
Una volta elaborati i dati raccolti si appura che il pubblico radiofonico accanto al giornale radio e ai commenti ai fatti del giorno preferisce i programmi musicali e, tra i generi musicali, soprattutto la canzone, che va quindi considerata come tipica e rappresentativa espressione del costume del tempo, interprete efficace e forse insostituibile delle gioie, delle ansie, delle malinconie e delle speranze del popolo italiano.
Ne tiene conto il Ministero della Cultura Popolare (MINCULPOP), che si impegna nel favorire e controllare la produzione di canzoni propagandistiche dello sforzo bellico.
Viene costituito un apposito organo tecnico, presieduto dal Maestro Giordano, insigne compositore lirico e accademico d'Italia. L'EIAR dedica alle canzoni selezionate un’apposita rubrica quotidiana, intitolata ''Canzoni del tempo di guerra''.
Il successo è enorme, tanto che lo stesso Mussolini interviene perché non si esageri nel trasmettere le canzoni in radio, dopo aver ricevuto questo appunto da un suo informatore confidenziale: «La gente si dimostra scioccata dalle troppe canzoni patriottiche che sono diffuse dall'EIAR. Dicono che ottengono l'effetto contrario e che il grande pubblico non ha bisogno di questi incitamenti ma piuttosto di una migliore distribuzione di viveri...».
Ciò nonostante, durante la seconda guerra mondiale la radio assunse un enorme potenziale propagandistico sia a uso interno che internazionale e a tale scopo fu creata "Radio Urbe".
 
 
IL MITO DELLA ROMANITÀ
“Fascismo”, “duce”, “legione”, “impero”, “figli della lupa” e tante altre, sono tutte parole ed espressioni che si incontrano inevitabilmente studiando il fascismo, questo movimento politico che così fortemente ha segnato la nostra storia nel XX secolo; sono tutti termini desunti dal mondo latino, quello che all’inizio dell’era cristiana ha portato lo Stato romano a conquistare e governare uno dei più estesi e famosi imperi della storia dell’umanità.
La cosa non è casuale, ma rientra in uno dei princìpi fondamentali dell’ideologia mussoliniana: l’aspirazione ad una grandiosità per il presente e il futuro dell’Italia, memore della magnificenza latina e in grado di eguagliarla. Verrebbe quasi da pensare che Mussolini avesse in mente di “conquistare il mondo”, se non fosse che la storia ci ha mostrato che qualcun altro ci provò con più convinzione e mezzi del nostro duce, anzi DUCE, come a un certo punto fu obbligatorio scrivere. Sta di fatto che, anche se questa non era l’intenzione, anche se le possibilità erano alquanto remote, ricorrere di continuo, ossessivamente, con studiata cognizione al mito di Roma antica e dei suoi splendori (senza, naturalmente, far mai riferimento alle miserie, alle corruzioni, alle disuguaglianze sociali profondissime che anche l’impero romano conobbe) serviva a infondere negli animi speranze e desideri, tanto più potenti, quanto maggiore era lo stato di miseria economica e sociale in cui l’Italia si trovava, ancor più evidenti dopo i disastri provocati dalla Grande Guerra. Il mito della romanità fu pertanto perseguito dai governanti e accettato dai governati con entusiasmo e con fiducia; forse per questo, quando si vide come stava andando a finire, fu facile staccare dai palazzi pubblici i fasci littori e gli altri simboli del fascismo, cancellare dalle facciate delle case i “motti” celebri del duce condottiero, fare a pezzi i suoi busti e le sue statue. Voltar pagina, insomma.
Ma intanto erano passati vent’anni e come si sia vissuto in quel ventennio, che cosa si pensasse di sé e degli altri, quali conti si dovessero fare nel tentativo di coniugare i sogni con la realtà, è ben documentato dalle canzoni qui presentate.
 
 
INNO A ROMA
Scritto nel 1919 da Fausto Salvatori su una melodia di Giacomo Puccini, questo inno venne successivamente fatto proprio dal regime fascista; l’Inno a Roma divenne repertorio imprescindibile di ogni manifestazione ufficiale di regime: erano sempre eseguite la Marcia reale , in onore della monarchia, Giovinezza , inno del fascismo e appunto l’ Inno a Roma.
Tanto la musica quanto il testo suscitavano veri entusiasmi ed emozioni nel pubblico: la gente, infatti, si sentiva partecipe di un destino grandioso che doveva fare di Roma, per la sua centralità che le derivava non dal Cattolicesimo, ma dall’essere sede del potere del Duce, il caput mundi di una nuova Italia, dell’Italia fascista.
 
   
 
INNO A ROMA

  LA MARCIA DELLE LEGIONI (INNO IMPERIALE)

   

 
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