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150esimo anniversario dell'Unità d'Italia
150esimo anniversario dell'Unità d'Italia
7 Gennaio 1797 il Primo Tricolore
Il Tricolore Italiano, dai colori bianco, rosso e verde, fu consacrato quale simbolo della patria il 7 gennaio 1797 a Reggio Emilia, dal Congresso dei rappresentanti di Bologna, Ferrara, Reggio Emilia e Modena, lo stesso Congresso che pochi mesi prima aveva proclamato la nascita della Repubblica Cispadana. Autore della proposta fu il patriota e letterato Giuseppe Compagnoni (Lugo 1754 - Milano 1833), rappresentante della città di Ferrara.
Nel marzo del 1796 il governo francese affida il comando dell’armata operante in Piemonte a Napoleone Bonaparte, un giovane di 27 anni. Assunto il comando, Napoleone inizia la folgorante campagna militare che isserà il tricolore della rivoluzione su tante capitali della nostra penisola.
Sconfitti gli Austriaci a Lodi, 10 maggio 1796, entra a Milano dove sventola la bandiera repubblicana, il tricolore francese.
Il giorno 11 ottobre 1796 Napoleone informa il Direttorio, il supremo organo collegiale al quale durante la Rivoluzione francese era stato affidato il potere esecutivo in Francia: “La vicenda di Modena è perfettamente riuscita. I patrioti sono numerosi. E’ opportuno farci amici i popoli”. E a proposito dell’organizzazione della Legione Lombarda, precisa: “Les couleurs nationales qu'ils ont adoptées sont le vert, le blanc e le rouge.” (I colori nazionali che essi [De Rolandis-Zamboni] hanno adottato sono il verde, il bianco e il rosso).
Il 6 novembre 1796 a Milano, nel corso di una solenne cerimonia in piazza del Duomo, la prima delle sei coorti della Legione Lombarda, ricevette la bandiera, seguita poi dalle altre cinque.
Napoleone incoraggiò anche i governi provvisori createsi dopo le rivolte di Reggio Emilia e di Modena contro il regime degli Estensi.
A Modena dal 16 al 18 ottobre 1796 si tenne un primo Congresso nel quale i delegati delle quattro città – Reggio Emilia, Modena, Ferrara, Bologna – decisero di unirsi in una sola Repubblica che si chiamò Cispadana e di appoggiare la guerra francese contro l’Austria, arruolando una Legione Italiana di 3.000 volontari suddivisi in cinque coorti di seicento. Il confesso deliberò che ciascuna coorte avesse la sua bandiera a tre colori nazionali italiani adorna degli emblemi della libertà e che anche l’uniforme dei volontari fosse sei colori “già ammessi dai nostri fratelli lombardi”.
Il Tricolore aveva però già fatto la sua apparizione sul suolo italiano nel 1794. Adottato come simbolo nazionale anche dalla Repubblica Italica e successivamente dal Regno d'Italia, il Tricolore seguì le fortune napoleoniche e con la Restaurazione scomparve dall'Italia. I vecchi regimi ripresero le loro tradizionali bandiere, mentre la Carboneria adottò come proprio simbolo un drappo dai colori rosso, blu e nero: gli stessi della Repubblica Partenopea.
La bandiera bianca, rossa e verde apparirà di nuovo in Italia nel 1831, con la costituzione della Giovine Italia. Il suo fondatore, Giuseppe Mazzini, farà di essa il simbolo della libertà e della volontà di rinnovamento e di unità nazionale del popolo italiano. Il Tricolore della Giovine Italia recava, da una parte, la scritta: "Libertà, Uguaglianza, Umanità"; e dall'altra: "Unità, Indipendenza".
Da questo momento l'idea dell'unità e dell'indipendenza nazionale e il Tricolore vengono strettamente associati nella mente degli italiani. Dalla spedizione di Savoia del 1834, non c'è moto o sollevazione popolare che non avvenga all'insegna del Tricolore. Nel marzo 1848 i milanesi insorgono contro gli austriaci agitando il Tricolore e cantando l'Inno di Mameli. Ciò, probabilmente, spinse Carlo Alberto ad assicurare al Governo provvisorio lombardo che le sue truppe avrebbero varcato il Ticino sotto le insegne del Tricolore (con lo scudo sabaudo al centro), nonostante lo Statuto concesso pochi giorni prima avesse solennemente proclamato, all'art. 77, che “Lo Stato conserva la sua Bandiera [croce bianca in campo rosso, n.d.r.]: e la coccarda azzurra è la sola nazionale”.
Il Tricolore, adottato perfino dalle milizie borboniche e papali in un primo tempo inviate in soccorso dei Lombardi, sarà anche la Bandiera di Venezia e dal Governo insurrezionale della Sicilia e sventolerà in tutti i vecchi Stati italiani. Uno dei primi decreti della Repubblica Romana dichiarerà, il 12 febbraio 1849, il Tricolore Bandiera nazionale.
Pur mancando un'esplicita sanzione normativa, il Tricolore è ormai diventata la bandiera nazionale italiana: la materia riguardante la bandiera verrà, infatti, organicamente disciplinata dopo la Grande Guerra con il regio decreto-legge 24 settembre 1923, n. 2072, convertito nella legge 24 dicembre 1923, n. 2264. E nel 1947 il Tricolore, ovviamente privo del simbolo della dinastia sabauda, viene introdotto nella Costituzione repubblicana, che all'art. 12 così recita: “La bandiera della Repubblica è il tricolore italiano: verde, bianco e rosso, a tre bande verticali di eguali dimensioni”.
L'INNO NAZIONALE
Nota: quello che segue è il testo completo del poema originale scritto da Goffredo Mameli, tuttavia l'inno italiano, così come eseguito in ogni occasione ufficiale, è composto dalla prima strofa e dal coro, ripetuti due volte, e termina con un "Sì" deciso. Il resto del poema richiama episodi rilevanti della lotta per l'unificazione dell'Italia.
- Fratelli d'Italia,
l'Italia s'è desta,
dell'elmo di Scipio
s'è cinta la testa.
Dov'è la vittoria?
Le porga la chioma,
che schiava di Roma
Iddio la creò.
Fratelli d'Italia,
l'Italia s'è desta,
dell'elmo di Scipio
s'è cinta la testa.
Dov'è la vittoria?
Le porga la chioma,
che schiava di Roma
Iddio la creò.
Stringiamci a coorte,
siam pronti alla morte.
Siam pronti alla morte,
l'Italia chiamò.
Stringiamci a coorte,
siam pronti alla morte.
Siam pronti alla morte,
l'Italia chiamò!
Noi fummo da secoli
calpesti, derisi,
perché non siam popolo,
perché siam divisi.
Raccolgaci un'unica
bandiera, una speme:
di fonderci insieme
già l'ora suonò.
Uniamoci, amiamoci,
l'unione e l'amore
rivelano ai popoli
le vie del Signore.
Giuriamo far libero
il suolo natio:
uniti, per Dio,
chi vincer ci può?
Stringiamci a coorte,
siam pronti alla morte.
Siam pronti alla morte,
l'Italia chiamò.
Stringiamci a coorte,
siam pronti alla morte.
Siam pronti alla morte,
l'Italia chiamò!
Dall'Alpi a Sicilia
Dovunque è Legnano,
Ogn'uom' di Ferruccio
Ha il core, la mano,
I bimbi d'Italia
Si chiaman Balilla,
Il suon d'ogni squilla
I Vespri suonò.
Son giunchi che piegano
Le spade vendute:
Già l'Aquila d'Austria
Le penne ha perdute.
Il sangue d'Italia,
Il sangue Polacco,
Bevé, col cosacco,
Ma il cor le bruciò.
Stringiamci a coorte,
siam pronti alla morte.
Siam pronti alla morte,
l'Italia chiamò.
Stringiamci a coorte,
siam pronti alla morte.
Siam pronti alla morte,
l'Italia chiamò!
Sì (cantato)
L'assenza di un'apposita sanzione normativa non ha, però, impedito al popolo italiano di riconoscere, in tutti questi anni, nelle parole e nella musica dell'Inno il simbolo dell'unità nazionale, al pari della bandiera tricolore, con la quale esso forma, anzi, un tutt'uno inscindibile.
Del resto l'Inno di Mameli (questa la denominazione assunta dall'Inno nella cultura corrente) fu associato alla Bandiera Tricolore come segno della volontà di indipendenza nazionale fin dai primi moti popolari che precedettero l'esplosione rivoluzionaria del 1848. E attorno alla Bandiera Tricolore e all'Inno Nazionale si strinsero i milanesi nelle Cinque Giornate del marzo '48. Non meraviglia, quindi, che il primo biografo di Cavour e di Vittorio Emanuele II, Giuseppe Massari, lo abbia definito come il vero e proprio Inno Nazionale italiano. E come tale dovette considerarlo anche Giuseppe Verdi, che lo inserì, accanto alla Marsigliese e all'Inno Nazionale inglese (God Save the King), nell'Inno delle Nazioni, da lui composto in occasione dell'Esposizione Universale di Londra del 1864.
Negli ultimi anni parole e musica di questo Inno sono state oggetto di numerose critiche e non sono mancate le proposte di sostituirlo con altre composizioni risorgimentali o addirittura contemporanee. Bisogna, però, dire che "Fratelli d'Italia", altamente apprezzato da Carducci e dal grande storico francese Jules Michelet, per la sua capacità di coinvolgere emotivamente gli ascoltatori, più di ogni altra composizione risorgimentale riesce ad esprimere un forte sentimento di vera unità nazionale, derivante da una lunga storia comune, che spinge, secondo i princìpi del mazzinianesimo, verso l'unione e l'amore in vista del conseguimento di un fine comune. E anche il ritornello, la parte più conosciuta, perché eseguita nelle manifestazioni ufficiali, sulla quale si appuntano le critiche più malevole, non è manifestazione di pura retorica ma esprime le convinzioni della migliore cultura italiana ed europea dei secoli XVIII e XIX. In questi versi si avverte, infatti, l'eco delle parole scritte da Condorcet nel Quadro storico dei progressi dello spirito umano, ove si legge: "Roma ha portato le leggi in tutti quei paesi in cui i Greci avevano portato la loro lingua, le loro scienze e la loro filosofia. Tutti questi popoli, sospesi ad una catena, che la vittoria aveva agganciato ai piedi del Campidoglio..." (CONDORCET, Quadro storico dei progressi dello spirito umano, Introduzione R. GUIDUCCI, Milano, 1989, p. 188). Ma unità e fusione non devono significare piatta conformità o, peggio ancora, soppressione del grande patrimonio ideale che si racchiude nelle diversità regionali: questo è il significato della quarta strofa, nella quale Mameli, con straordinaria concisione (che non era sfuggita a Garibaldi), rievoca i momenti più significativi della storia delle diverse aree dell'Italia. Ed è proprio per questo motivo che nell'Inno "Fratelli d'Italia" si possono trovare i segni distintivi dell'identità nazionale del nostro paese.
Re: 150esimo anniversario dell'Unità d'Italia
1861 - 2011 VIVA L'ITALIA musica della nostra storia (3cd)
Un cofanetto che ripercorre 150 anni di storia, raccogliendo i più diversi sapori, le diverse culture che solo un paese longitudinalmente molto esteso come l’Italia, può dare.
Dal nord al sud, dalla Val d’Aosta alla Sicilia, tutte le diverse realtà sono ben rappresentate. I brani vengono interpretati da cantanti molto popolari e conosciuti, che hanno saputo dare alla musica italiana una loro impronta molto personale, riuscendo a conquistare un piccolo spazio nella storia rimanendo nella memoria del pubblico.
Track list:
Disco 1
1. Al Bano - Va' pensiero
2. Ferruccio Tagliavini - Voglio vivere così
3. Vittorio De Sica - Parlami d'amore Mariù
4. Rabagliati - Baciami piccina
5. Fioresi e Trio Lescano - Pippo non lo sa
6. Aita e Trio Lescano - Ma le gambe
7. Jottini e Trio Lescano - Maramao perché sei morto
8. Nilla Pizzi - Papaveri e papere
9. Gino Latilla - Vecchio scarpone
10. Boni Latilla - Casetta in Canadà
11. Rabagliati - Madonina
12. Massimo Ranieri - O surdato 'nnamurato
13. Gigliola Cinquetti - Sciur padrun
14. Tony Santagata - Primm'ammore
15. De Angelis - Ma cos'è questa crisi
16. Johnny Dorelli - Aggiungi un posto a tavola
17. Claudio Villa - O sole mio
18. Maestro Pregadio - Inno di Mameli
Disco 2
1. Quartetto Cetra - Mamma mia dammi cento lire
2. Ornella Vanoni - M'ami
3. Gigliola Cinquetti - Addio, mia bella, addio
4. Casadei - Romagna mia
5. Coro Alpino - Quel mazzolin di fiori
6. Fanfara Bersaglieri - Passo di corsa
7. Giacomo Rondinella - Malafemmina
8. Claudio Villa - Luna rossa
9. Renato Rascel - Arrivederci Roma
10. Giacomo Rondinella - Mamma
11. Coro dell'Antoniano - 44 Gatti
12. Quartetto Cetra - Musetto
13. Gino Latilla - Tutte le mamme
14. Franca Raimondi - Aprite le finestre
15. Fred Buscaglione - Guarda che luna
16. Nilla Pizzi - Grazie dei fior
17. Peppino di Capri - Il nostro concerto
18. Marisa Brando - La notte dell'addio
Disco 3
1. Patty Pravo - Mille lire al mese
2. Milva - Estate
3. Canzoniere internazionale - Sacco e Vanzetti
4. Maria Callas - Qui la voce sua soave
5. Johnny Dorelli - L'immensità
6. Nomadi - Io vagabondo
7. Modugno - Volare
8. Pooh - Pensiero
9. Adriano Celentano - Si è spento il sole
10. Massimo Ranieri - Rose rosse
11. Mina - E se domani
12. Gigliola Cinquetti - Non ho l'età
13. Enzo Jannacci - Via del campo
14. Luigi Tenco - Vedrai, vedrai
15. Cristiano De André - Il mio canto libero
16. Ornella Vanoni - Il cielo in una stanza
da: _
Re: 150esimo anniversario dell'Unità d'Italia
E LA BANDIERA DEI TRE COLORI
Per uno di qui fenomeni strani che segnano il destino delle cose questo è stato un canto che ha accompagnato tutti gli eventi del Risorgimento fino alla seconda guerra mondiale e oltre.
Si tratta di una delle più note canzoni risorgimentali italiano.
Fu assunta come inno nella battaglia di Curtatone poi ripresa nel 1859.
È nota anche col titolo L’addio del volontario.
- E la bandiera dei tre colori
è sempre stata la più bella:
noi vogliamo sempre quella,
noi vogliamo la libertà.
E la bandiera- gialla e nera
qui ha finito di regnar,
e la bandiera- gialla e nera
qui ha finito di regnar.
Tutti uniti in un sol patto
stretti intorno alla bandiera,
griderem da mane a sera
Viva, Viva il tricolor
L'INNO DI GARIBALDI
CENNI STORICI
Autore del testo fu, per richiesta dello stesso eroe dei due mondi (Giuseppe Garibaldi), il poeta Luigi Mercantini (1821-1872), noto anche per La spigolatrice di Sapri.
L'inno fu musicato da Alessio Olivieri.
Esso fu eseguito per la prima volta il 31 dicembre 1858 (risalendo dunque agli anni decisivi del processo che porto' all'unita' d'Italia) alla presenza di Garibaldi e Nino Bixio.
- ALL'ARMI! ALL'ARMI!
Si scopron le tombe, si levano i morti
i martiri nostri son tutti risorti!
Le spade nel pugno, gli allori alle chiome,
la fiamma ed il nome d'Italia nel cor:
corriamo, corriamo! Su', giovani schiere,
su' al vento per tutto le nostre bandiere
Su' tutti col ferro, su' tutti col foco,
su' tutti col nome d'Italia nel cor.
Va' fuori d'Italia,
va' fuori ch'e' l'ora!
Va' fuori d'Italia,
va' fuori o stranier!
ALL'ARMI! ALL'ARMI!
La terra dei fiori, dei suoni e dei carmi
ritorni qual'era la terra dell'armi!
Di cento catene le avvinser la mano,
ma ancor di Legnano sa i ferri brandir.
Bastone tedesco l'Italia non doma,
non crescono al giogo le stirpi di Roma:
piu' Italia non vuole stranieri e tiranni,
gia' troppi son gli anni che dura il servir.
Va' fuori d'Italia,
va' fuori ch'e' l'ora!
Va' fuori d'Italia,
va' fuori o stranier!
ALL'ARMI! ALL'ARMI!
Le case d'Italia son fatte per noi,
e' la' sul Danubio la casa de' tuoi;
tu i campi ci guasti, tu il pane c'involi,
i nostri figlioli per noi li vogliam.
Son l'Alpi e tre mari d'Italia i confini,
col carro di fuoco rompiam gli Appennini:
distrutto ogni segno di vecchia frontiera,
la nostra bandiera per tutto innalziam.
Va' fuori d'Italia,
va' fuori ch'e' l'ora!
Va' fuori d'Italia,
va' fuori o stranier!
ALL'ARMI! ALL'ARMI!
Se ancora dell'Alpi tentasser gli spaldi,
il grido d'allarmi dara' Garibaldi,
e s'arma -allo squillo che vien da Caprera-
dei Mille la schiera che l'Etna assalto'.
E dietro alla rossa avanguardia dei bravi
si muovon d'Italia le tende e le navi:
gia' ratto sull'arma del fido guerriero,
l'ardito destriero Vittorio sprono'.
Va' fuori d'Italia,
va' fuori ch'e' l'ora!
Va' fuori d'Italia,
va' fuori o stranier!
ALL'ARMI! ALL'ARMI!
Per sempre e' caduto degli empi l'orgoglio
a dir: Viva l'Italia, va il Re in Campidoglio!
La Senna e il Tamigi saluta ed onora
l'antica signora che torna a regnar.
Contenta del regno, fra l'isole e i monti,
soltanto ai tiranni minaccia le fronti:
dovunque le genti percota un tiranno,
suoi figli usciranno per terra e per mar!
Va' fuori d'Italia,
va' fuori ch'e' l'ora!
Va' fuori d'Italia,
va' fuori o stranier!
CAMICIA ROSSA
CENNI STORICI
Il fatto stesso di non aver avuto troppo seguito moderno, cioè stabile fortuna nell’Italia del “Risorgimento ufficiale”, del “Risorgimento di Stato”, è la prova del suo carattere autentico, del suo valore non retorico.
La camicia Rossa è, nel testo, e nella musica, oltre che una bella canzone, un canto assolutamente esemplare del gusto risorgimentale, un dato tipico nelle qualità positive e in quelle negative. Si tratta, a nostro parere, di una canzone che può ancora essere cantata.
Fu scritta, per il testo, dal segretario comunale garibaldino Rocco Traversa e, per la musica, dal maestro Luigi Pantaleoni.
Il momento della sua prima fortuna furono i giorni immediatamente seguenti l’impresa di Garibaldi in Sicilia e nel Meridione.
Il testo originale comprende nove quartine di decasillabi: dopo Aspromonte furono aggiunte altre otto quartine, e ancora una dopo Digione e una dopo Domokos .
- Quando all'appello di Garibaldi
tutti i suoi figli suoi figli baldi
daranno uniti fuoco alla mina
camicia rossa garibaldina
daranno uniti fuoco alla mina
camicia rossa garibaldina.
E tu ti svegliasti col sol d'aprile
e dimostravi che non sei vile
per questo appunto mi sei più cara
camicia rossa camicia rara
e poi per questo appunto mi sei più cara
camicia rossa camicia rara.
E porti l'impronta di mia ferita
sei tutta lacera tutta scucita
per questo appunto mi sei più cara
camicia rossa camicia rara
per questo appunto mi sei più cara
camicia rossa camicia rara.
Fin dall'istante che ti indossai
le braccia d'oro ti ricamai
quando a Milazzo passai sergente
camicia rossa camicia ardente
quando a Milazzo passai sergente
camicia rossa camicia ardente.
Odi la gloria dell'ardimento
il tuo colore mette spavento
Venezia e Roma poi nella fossa
cadremo assieme camicia rossa
Venezia e Roma poi nella fossa
cadremo assieme camicia rossa.
SUONI LA TROMBA
- Suona la tromba: ondeggiano
le insegne gialle e nere.
Fuoco! perdio, sui barbari,
sulle vendute schiere.
Fuoco! perdio, sui barbari,
sulle vendute schiere.
Già ferve la battaglia
al Dio dei forti, osanna!
al Dio dei forti, osanna!
è l'ora di pugnar! SI
Già ferve la battaglia
è l'ora di pugnar
Già ferve la battaglia
è l'ora di pugnar
Già ferve la battaglia
è l'ora di pugnar
Non deporrem la spada
non deporrem la spada,
finchè sia schiavo un angolo
dell'itala contrada.
dell'itala contrada.
finchè non sia l'Italia
una dall'Alpi al mar.
finchè non sia l'Italia, una dall'Alpi al mar,
finchè non sia l'Italia, una dall'Alpi al mar.
finchè non sia l'Italia, una dall'Alpi al mar,
finchè non sia l'Italia, una dall'Alpi al mar,
una dall'Alpi al mar
una dall'Alpi al mar
Giuriam! Giuriam!
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